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domenica 25 novembre 2012

Con la cultura non si mangia, #oppure Vendola!


Assistiamo oggi ad una crisi strisciante, di enormi proporzioni e di portata globale, tanto più inosservata quanto più dannosa per il futuro della democrazia: la crisi dell’istruzione. Sedotti dall’imperativo della crescita economica e dalle logiche contabili a breve termine, anche in Italia si infliggono pesanti tagli agli studi e al mondo della cultura. E così, mentre il mondo si fa più grande e complesso, gli strumenti per capirlo si fanno più poveri e rudimentali.

Un paese in cui eminenti rappresentanti dello stato affermano che “con la cultura non si mangia”, è un paese arretrato? La risposta è sì, soprattutto se riflettiamo su alcuni dati:

- L’Italia ha un numero più basso di adulti in possesso di una laurea o di un diploma rispetto alla media Europea e fra i laureati scarseggiano quelli in discipline scientifiche,
- Il numeri dei ricercatori è fra i più bassi d’Europa,
- La spesa per la ricerca è la metà della media europea,
- Aumenta il fenomeno della dispersione scolastica,
- Si leggono meno libri e giornali,
- Diminuisce il numero delle biblioteche pubbliche, chiudono teatri, centri culturali e istituzioni musicali.

Quando invece:

- Nel triennio 2007-2010, il valore aggiunto delle imprese della cultura è cresciuto del 3%: 10 volte l'economia italiana (+0,3%),
- Nonostante il nostro Paese abbia investito solo 0,5% della spesa pubblica in cultura, il settore culturale legato al turismo è stato l’unico a registrare un dato in crescita del 5%.

E come hanno pensato di migliorare uno dei più impegnativi settori della vita pubblica di una nazione, come la scuola, i Governi che si sono succeduti negli ultimi decenni?

DIMINUENDO LE RISORSE.

E qui ci troviamo di fronte ad un inspiegabile paradosso secondo il quale ad una continua e sistematica sottrazione di risorse, dovrebbe corrispondere un aumento dell’efficienza e qualità dell’istruzione pubblica.
C’è qualcuno disposto a credere che ciò sia possibile?

PENSIAMO DI NO.

Piero Calamandrei, iniziava il suo celebre discorso in difesa della SCUOLA PUBBLICA, del 1950, con una serie di domande premonitrici e drammaticamente attuali.

Perché difendiamo la scuola? Che tipo di scuola difendiamo?
Quale pericolo incombe sulla scuola che noi difendiamo?

Le risposte sono nella Costituzione, nell’art.34 che afferma” LA SCUOLA E’ APERTA A TUTTI. I CAPACI E I MERITEVOLI, ANCHE SE PRIVI DI MEZZI, HANNO DIRITTO A RAGGIUNGERE I GRADI PIU’ ALTI DELL’ISTRUZIONE”.

Difendiamo la scuola perché è un organo vitale della democrazia, in quanto patrimonio pubblico che deve consentire a tutti i cittadini la possibilità di accedere alla propria formazione nella sue forme più alte e diversificate e contribuire così alla crescita e al benessere di tutta la società.

Solidarizzando con gli studenti e gli insegnanti, che hanno messo in atto varie forme di protesta, dall’occupazione delle scuole, autogestioni, manifestazioni di piazze, difendiamo la scuola pubblica dicendo no all’ingresso delle aziende private, così come previsto dalla Legge ex APREA, che lederebbe i diritti di eguaglianza dei cittadini e di indipendenza della formazione. La cultura e la ricerca non possono essere asservite agli interessi di mercato, perché la cultura non è una merce ma un bene da tutelare e valorizzare.

Per riportare la cultura e gli investimenti nella scuola e nella formazione al centro dell’agenda politica e degli impegni del futuro governo, invitiamo tutti ad esprimere il proprio voto a Vendola nelle elezioni primarie che si terranno oggi 25 novembre.

Con la cultura non si mangia, #oppure Vendola!

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